Ti colpisce un Brian Molko un po' meno checca, forse un po' più imborghesito.
Poi inizia a cantare e ti accorgi che niente è cambiato: anche se un po’ invecchiato è sempre lui, insieme al suo timbro metallico e introspettivo, alla sua voce suggestiva e ammaliante.
La storia dell’ultimo lavoro dei Placebo, veterani di un genere Rock (che ormai fa storia da quindici anni) difficilmente inquadrabile e riducibile ad un aggettivo, non è povera di quegli aneddoti, di quei travagli e di quei colpi di scena che hanno da sempre consacrato l’uscita delle più importanti opere del genere.
La dipartita del batterista storico Steve Hewitt deve inizialmente aver avuto due conseguenze: per i cultori del gruppo, almeno una settimana sotto le coperte in compagnia di gelato e antidepressivi, per il mondo rock, la paura di non ritrovare più i vecchi placebo old-style: si temeva un gruppo riarrangiato, ormai privo di smalto.
In questo clima di ansie e rassegnazioni, pochi mesi prima della data fissata per l'uscita del nuovo album, i Placebo se ne vengono fuori sul loro myspace con quel pezzo affilato e prepotente che titola “
Battle For The Sun”. I'estratto in anteprima dall’omonimo album ricorda subito il sound di Black Market Music e il testo è altrettanto cattivo: I placebo lo smalto se lo sono tolto grattandolo via a forza di riff di chitarra.
Il brano è però in realtà un sipario che si alza sulla nuova crew ed il video ne è la dimostrazione: quello che colpisce è quell’iniziale ed intrigante trotterellare di bacchette contro il rollante. È quell'inizio geniale, quel suono di ferro che tanto si sposa con quella voce indisponente e quel basso arrogante, che annuncia e presenta il nuovo componente della band Steve Forrest: un tappeto di tatuaggi con un ciuffo biondiccio incorniciante un mascellone che fa così American boy. Il ragazzo sicuramente risparmia sui vestiti (l'indumento più coprente che gli si sia visto addosso è stata una canottiera) ma non si serba certo le calorie, picchiando con energia sovraumana su quei tom. Drummer dalla tecnica e dal sound decisamente funky rock, con i suoi soli 24 anni ha regalato sicuramente una nuova primavera a una band che si temeva si avviasse verso i suoi “
winters days”.
Ogni canzone dell'ultimo album risente di questa nuova carica, ogni attacco é fresco e riuscitissimo; i ritmi accelerano senza sacrificare la riflessività caratteristica della band. E intanto il ragazzo continua a battere come un disgraziato su quella batteria rendendoci ad ogni colpo di cassa più entusiasti.
L’altra faccia della medaglia del nuovo sound della band è costituita dalla presenza in molte canzoni degli archi: uno dei maggiori e riusciti ingredienti di svolta dal punto di vista musicale che, contribuendo anche alla poesia dei testi, dona alle bellissime quotes di Molko il potere di toccare l'animo dell'ascoltatore.
Una riflessione a parte la meritano quindi sicuramente i testi, dove fortunatamente si ritrova integra quell'introspezione difficile da decifrare tipica di Molko. Ancora una volta il cantante riesce a instaurare un legame empatico con l'ascoltatore ponendolo davanti alle sue ansie, i suoi rimorsi, le sue esperienze e le sue sensazioni. La Voce dei Placebo riesce ad arrivare alla camera dei segreti che ognuno di noi ha dentro di sè, attingendo la sua poesia da una materia a lui propria che arricchisce i brani di oscure allusioni e metafore rivelatorie; parti irrinunciabili di quei legami viscerali costituenti la sensibilità New Wave e decadente dei Placebo.
Un rapido ascolto.
Ci stordiscono subito con una track no.1 cattivissima, “
Kitty Litter”, in cui si respira l'odore acre del desiderio che prende il controllo dei sensi; è una canzone che si sbarazza dei sentimenti e lascia il palco alla nuda e istintiva fisicità. I riferimenti alle divinità indiane e alla fortezza del cuore ci ricordano la poesia di Schopenhauer e ci fanno piacere sempre di più questa canzone .
L'album continua e supera l'unica caduta di stile costituita dal secondo brano "
Ashtray Heart" (lascia perplessi il coro in spagnolo di sottofondo) consacrata da un video fastidiosamente trash. Basta però solo il capolavoro che è la parte conclusiva di “
Speak in Toungues”, a farcelo dimenticare, appannandoci la vista per i lucciconi agli occhi; quei romanticoni dei Placebo riescono veramente a farti credere di poter "costruire oggi, un nuovo domani."
Si passa poi attraverso vibranti monologhi in “
Julien”, recitati da farti accapponare la pelle dalla voce fuori campo di Brian che ci regala immagini pittoriche fortissime.
Ci acciecano luci splendenti nell'omonima “
Bright Lights”, che si culla su un ritmo eccessivamente orecchiabile (troppo orecchiabile per gli standard ricercati a cui di solito si attiene la band), facendoci riflettere però sulle parole "a heart that hurts is a heart that works”.
Segue il rock incalzante di “
Breath Underwather” alternato alle presenze disturbanti, che si trascinano avanti vellutate e insidiose, in “
Devil In The Details”; mentre ritmi e controvoci gospel, insieme a tastierine giocattolo, sono sostenute da una base di solido rock alternativo a creare un mix accattivante in
For What It's Worth (da notare il video in vero stile Placebo).
Il sound dell'ultima fatica dei placebo è frutto di un'evoluzione, di riflessioni che si aprono verso temi più ampi, risentendo comunque di quella “
teenage angst” passata che ci ha fatto innamorare. Il messaggio dell'album è positivo, e per i placebo costituisce veramente un progresso. La battaglia per il sole che ci propongono è quella che ognuno di noi vive dentro se stesso ogni giorno e proprio per questo non possiamo essere immuni al fascino dell’album. Ma un ascolto più attento ci fa capire che in gioco, in questa battaglia per la luce, ci sono anche i propri valori (“don’t let them have their way”) contro un sistema che, in maniera antitetica, impone i propri (“there is no low we must obay”).
Ma spiegare il significato profondamente soggettivo di un’opera, svelarne i segreti e influenzarne l’interpretazione, costituiscono crimini imperdonabili e perciò mi fermo.
Lascio che questo lo faccia una molto piú eloquente eclissi riportata in copertina, assieme alle musiche e ai testi di quest'ultima opera targata placebo: Un'armonica suggestione di luci e ombre, chiari e scuri, una commistione geniale di testi accattivanti e di suoni impeccabili.
Prenderete così coscienza della battaglia in corso per la vostra anima.
I momenti più interessanti del “Battle For The Sun Tour”.
Live in Tokio 2010 (secret session)
Live at AngKor Watt 2009
Live at PinkPop 2009