lunedì 14 marzo 2011

n.7 [l'eternità attraverso il momento] Helmut Newton.

Big Nude III. Henrietta


“Io sono un voyeur.
Penso che qualsiasi fotografo sia un voyeur, che faccia fotografie erotiche o altro.
Si passa la vita a guardare attraverso un buco della serratura.Se un fotografo dice di non essere un voyeur, è un idiota.”
Helmut Newton

È una questione di fibbie e bottoni. Di quei bottoni che il padre di Helmut Newton, Max Neustadter, produceva negli anni ’20 a Berlino e che il figlio, un’asola dietro l’altra, ha preferito tenere aperti. Così, sognando al maschile quell’eleganza distratta e provocante che spinge una donna a slacciarsi per caso la spallina di un costume o ad aprire il sipario di un abito da sera e lasciare splendere, sotto una luce di un’abatjour e di un fiammifero acceso, lo spettacolo di un seno superbo.

Scrive Laura Leonelli carpendo in maniera acutissima i pensieri più intimi e segreti dell’immaginario del giovane Newton. Deve essere  stata sicuramente questa l’ispirazione dalla quale prese forma la materia artistica di questo membro del pantheon della fotografia.

Se chiedete in giro, o cercate su internet il suo nome lo troverete spesso associato a targhe come Vogue, Yves Saint Laurent, Play Boy, Vanity Fair, ma Newton fu molto più che un fotografo di moda: portò l’arte alla moda e elevò la moda ad arte, fermo restando come diceva lui stesso che “nel mio vocabolario, ARTE è una parola sporca”.
Soverchiò radicalmente i termini ordinari dell’immagine di moda, producendo contemporaneamente una profonda rivoluzione sociale nel ruolo giocato dalla bellezza femminile.

Le smoking
1966 Yves Saint Laurent pubblica la fotografia di un vicolo parigino in notturno, un’atmosfera di attesa e proibito avvolge una modella in abito da uomo: un fascino conturbante, minimalista, una bellezza androgIna. Lo scatto fa scandalo, si accusa Newton di aver dato alle donne la possibilità di indossare abiti portati abitualmente da uomini con influenza e potere. Ma era proprio questo che voleva il fotografo; non ce la vedeva la donna con quelle sottane che l’avevano appesantita per secoli, era arrivato il momento di comunicare senza ipocrisie che la donna stava facendo strada e che era diventato un’avversario temibile e bellissimo.
Sono proprio le ipocrisie e la morale benpensante che Newton ripudia fotografia dopo fotografia “adoro la volgarità. sono attratto dal cattivo gusto, ben più eccitante del preteso buon gusto che non è altro che una normalizzazione dello sguardo”.

Fu uno di quei fotografi amati dalle donne prima che dagli uomini e di queste lui si faceva interprete, nelle ambizioni e nei desideri; le donne di Newton sono veneri sicure di se’, dure e sprezzanti, fiere e insieme maliziose e sexy, sempre e comunque bellissime.
Procacciatore di atmosfere sensuali e potenti che molti fotografi hanno inutilmente cercato di imitare, Newton propone donne che sperimentano continuamente la loro forza di attrazione e il loro fascino, incorniciate e esaltate nel lusso più effimero in cui estetismo e freddo sentimento si fondono  in un’opera inimitabile.
Montecarlo
I suoi scatti sono inconfondibili: le immagini comunicano al primo sguardo dirette, nette, con una carica erotica potente, intensa ma fine ed elegante allo stesso tempo. Un maestro del bianco e nero che ha piegato la luce in ogni sua fotografia all’esaltazione della bellezza femminile: un edonismo sfrenato che non cade però mai nell’eccesso nè nella violenza, proponendosi come il portavoce dell’autentica e segreta morale dell’upper class degli ultimi cinquant'anni.

Le donne si sono affidate a Newton, e ne sentiranno sempre la mancanza, perchè solo lui, nel dettaglio di un tacco alto su una moquette immacolata, ha saputo portarle con stile ai limiti della provocazione, a un passo dalla volgarità.







1 commento:

  1. Incredibile come riesca a rimaner sempre in bilico, viaggia sopra la venatura portante di una foglia sottile, imperturbato, fermo, tra la calma e la violenza, tra l'ingenuità e l'incoscenza, immagini sensoriali degne di un vero genio.
    Poi quel bianco, poi quel nero, poi quella luce, il tutto amalgamato e reso molto più colorato di tante altre espressioni.

    Claudio, concordo.

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